La Strada sull'Orrido
- Vallone Comba
Questa
strada collega, con un solco netto e profondo, il paesino situato a 1.637 metri
d’altitudine con la carreggiata principale della Valle Maira. Questa strada
però non esiste da molti secoli addietro ma è stata ultimata solamente nella
seconda metà del XX secolo, dopo che le rocce situate a strapiombo sul torrente
furono scalfite pazientemente da un sentiero pericoloso. Dapprima si trattava
di un semplice tracciato che più tardi si trasformò in mulattiera e dopo ancora
in una vera e propria carrozzabile.
A
caratterizzare la storia di questa strada non furono solo le scelte
amministrative e tecniche, ma anche gli interessi particolari, i rapporti con
le comunità confinanti e con le autorità locali. In particolar modo influì il
comportamento degli Elvesi: gli abitanti del versante ovest, infatti, erano
favorevoli, mentre la parte est non riteneva utile la costruzione di tale
percorso nel Vallone Comba. Bisogna ancora tener conto del fatto che molte
persone, soprattutto anziane, non vedevano di buon occhio quest’approccio al
mondo e ai nuovi contatti umani.
Questo
collegamento diventò concreto grazie all’interessamento di alcune autorità del
paese, come i sindaci Chiaffredo Dao, Antonio Garneri e Natale Baudino, il vicesindaco
Carlino Dao, e il parroco don Giovanni Chiotti, ma anche con l’aiuto dato dai
privati cittadini, che credevano fortemente nell’impresa, i quali misero a
disposizione i lori beni e il loro denaro, senza dimenticare i numerosi
volontari che donarono il loro lavoro. La prima persona non elvese che
s’interessò alla questione fu il Duca di Savoia Vittorio Emanuele, che
probabilmente si trovava a passare in questo luogo incantato per ragioni di
caccia. Ad illustrare la problematica della possibile costruzione di una strada
sull’orrido fu l’allora parroco don Pietro Giordana: ciò avvenne il 12 luglio
del 1837. Un anno dopo, il 25 febbraio, venne emanato un atto dal re Carlo
Alberto, circa il progetto della nuova strada nel Vallone Comba che doveva
sbucare alla confluenza del torrente Elvo con il fiume Maira.
Il
progetto per alcuni decenni venne però accantonato poiché, il Comune, partecipò
alle spese di prolungamento della carrozzabile, già esistente a valle, da Alma
Macra a Stroppo e più avanti fino ad Acceglio. La questione si riaprì solamente
nel 1880, con la morte di Alessandro Claro, oste della borgata Traverse, il
quale legò tutti i suoi beni al Comune, affinché provvedesse all’apertura della
strada del Vallone. Il 7 ottobre del 1883 venne, infatti, costituita la
Commissione Claro, per l'inizio di tale percorso, che rimase in vita fin dopo
il secondo dopoguerra.
Nel
febbraio del 1891, il primo sentiero, aperto in località Praietto, aveva una
lunghezza di 1300 mt e giungeva al confine con il paese di Stroppo, il quale
negò, alla piccola comunità, la possibilità di continuare il sentiero sul suo
territorio, per paura dei danni economici che poteva recare il dirottamento del
traffico mercantile da e per Elva su un altro itinerario. Il consiglio comunale
decise così di rivolgersi alla Provincia, al Precetto e addirittura a Giovanni
Giolitti, con i quali raggiunse un’intesa e nel mese di ottobre i lavori
ripresero. Dopo soli due anni dall’inizio delle attività di costruzione, il
sentiero raggiunse il fondovalle. Il transito era però molto pericoloso siccome
si trovava a strapiombo del burrone, dove alcune persone precipitarono anche
solo per aver messo un piede in fallo. Il Comune chiese così l’intervento,
all’Autorità Militare, di un contingente di truppe per trasformare il sentiero
in mulattiera.
Il
Ministro della Guerra, nel 1895, accoglie la richiesta avanzata dalle autorità
Elvesi, anche in considerazione del valore strategico di un possibile
collegamento tra il Colle della Bicocca e il Colle del Mulo. Vennero così
inviati un reparto di alpini e la 17a Compagnia dei minatori, i quali
lavoreranno per circa sei mesi, ma che si limitarono al solo miglioramento
delle condizioni del sentiero.
Nel
1899 il consiglio comunale, in base ad un’asta, affida i lavori nel Vallone
all’impresa di Giovanni e Domenico Voli, originari di Cartignano. Alcuni anni
dopo il signor Antonio Riberi di Stroppo dona Lire 10.000 al Comune di Elva,
affinché il sentiero venga migliorato. Nel 1904 un ingegnere di Torino avanza
la proposta della costruzione di una carrozzabile nell’orrido, che però non
viene accettata dal Ministero dei Lavori Pubblici e in seguito a ciò le
autorità militari si rimangeranno quanto dichiarato nove anni prima. Nonostante
le obbiezioni militari, il Genio Civile, nel 1919, appalta a fondovalle un
tratto di 850 metri e la prima galleria, la più lunga della strada che porta ad
Elva.
Negli
anni successivi venne studiato un nuovo progetto e i lavori furono affidati
all’Amministrazione Provinciale, ma furono interrotti per la mancanza di fondi.
Nel 1939 Benito Mussolini, in seguito ad una visita a Cuneo, accolse la
richiesta degli Elvesi e dispose un’erogazione che consentì la ripresa delle
attività. Queste ultime vennero però interrotte dallo scoppio della seconda guerra
mondiale, che chiamò al fronte i valorosi giovani Elvesi.
Solo
dopo 3 anni dalla fine della guerra venne riproposto il completamento della
strada del Vallone. Il 12 maggio, giorno della festa di San Pancrazio, il santo
protettore del paese, una commissione del Genio Civile arrivò ad Elva per
ascoltare i pareri della popolazione circa la ripresa dei lavori e l’utilità
della strada. Il gruppo di esperti decise di portare avanti l’opera, però
mancavano i finanziamenti. Per cercare di ottenere tali dallo Stato, l’allora
sindaco Natale Baudino e Marco Dao si recarono a Roma, dove riuscirono ad
ottenere quanto sperato. I lavori furono così portati a termine nel 1956, anno
durante il quale venne aperta anche la carrozzabile che collegava Elva al Colle
di Sampeyre.
L’isolamento
di Elva è dunque stato superato dopo un secolo di battaglie, ma questo solo
grazie alla testardaggine e alla volontà dei suoi abitanti che vanno molto
fieri di questa strada lunga all’incirca sei km, lungo i quali si contano ben
12 gallerie che sono state scavate nella roccia. A metà del Vallone, in una
nicchia scavata sempre nella roccia si può vedere la statua della Madonnina,
che ha il compito di proteggere il viandante, e vicino alla quale si leggono i
nomi di coloro che hanno donato al Comune il loro denaro per la costruzione
della strada e di coloro che durante i lavori sono precipitati nel burrone
sottostante. Inoltre, sopra la nicchia, si legge la seguente frase: “Madonnina
del Vallone proteggi il viandante”.